di Pasquale Scarano

Tutto secondo tradizione, come ogni derby che si rispetti, grande pressione ambientale sui protagonisti dell'incontro, con squadre contratte, spasmodicamente attente dal punto di vista tattico e gioco estremamente fisico, valutato in maniera inopportuna dal direttore di gara. Spettacolo quasi assente, quindi, che ha visto un Matera ermeticamente chiuso, con pressing e raddoppi sui portatori di palla, spazi occupati scientificamente dagli uomini di mister Imbimbo, che, talvolta, ripartivano in contropiede. Il Potenza, soffocato nell'espressione della manovra, non riusciva a duettare per vie centrali, con scambi ed imbucate veloci, che avrebbero potuto mandare in tilt la difesa materana, e si affidava a prevedibilissimi cross dalle fasce, solitamente preda i lungagnoni in bianco-azzurro. Imbimbo, dunque, impostava in maniera impeccabile il proprio team, rinunciando al solito modulo 3-5-2 e schierando inizialmente un elastico 4-4-2, con Farroni tra i pali protetto centralmente da Stendardo ed Auriletto, con Risaliti e Sepe terzini; a centrocampo Corso e Bangu capacissimi d'interdire, coadiuvati sugli esterni da Triarico e Ricci tentavano di mettere in moto, in ripartenza, le due punte Plasmati, talvolta capace di far salire la squadra ed Orlando, in grado anche di azioni di copertura.

Mister raffaele rispondeva con il canonico 4-3-3 dove Ioime era a difesa della porta blindata da Emerson e Di Somma nel mezzo e con Coccia e Giron sulle corsie esterne; nella zona che conta Coppola metodista coadiuvato da Dettori e Guaita cercavano d'innescare il trio dei goleadores Strambelli, França e Genchi.

L'incontro, nel 1° game, mostra ritmi alla camomilla, perchè i leoni soffocati nella manovra non riescono a mordere; il solo Guaita, capace di creare grattacapi dall'out sinistro degli ospiti, trova Sepe come degno avversario, spesso spalleggiato da Ricci in copertura, e non si rende mai pericoloso. Nulla da segnalare, quindi, tranne al 19°, un'erronea apertura di Strambelli, a metà strada tra Giron e Coppola, dove pronto ad intercettare si catapultava Bangu che, nonostante l'uscita avventata di Ioime che spalancava la porta, scagliava un pallone lentissimo che terminava sul fondo.

Al 25°, ancora Ioime protagonista respingeva in uscita, sul solito Triarico, un pallone che raggiungeva Guaita lesto a giungere sulla ¾, dove Orlando, in fase di protezione, lo stendeva ricorrendo al fallo tattico. La successiva punizione da 25mt. di Emerson, sfiorava l'incrocio dei pali.

Il match aveva altri 2 sussulti, al 32° quando França, servito da un cross di Giron, non trovava l'attimo giusto per calciare dinanzi alla porta di Farroni ed al 44°, allorché Strambelli scoccava un cross raso-terra per Genchi, murato in area all'ultimo istante.

Parità, dunque, nella 1° fase di gioco, mentre nella 2° i leoni, per gli iniziali 10 minuti, si catapultavano in avanti ed al 13° Dettori apriva per Giron, il cui traversone metteva Genchi in condizione d'incornare un pallone verso l'incrocio, deviato magnificamente da un super-Farroni.

Un minuto dopo un cross di Coccia giungeva quasi sulla linea di porta degli ospiti, dove Di Somma, impeccabile in fase difensiva, sciaguratamente calciava un pallone quasi-goal.

Nel frattempo, i bianco-azzurri, visti i pericoli, si attestavano sul 4-5-1, arretrando Orlando sulla linea dei centrocampisti. A parte una conclusione di Coccia su angolo di Pepe, con Farroni ancora in evidenza, non succedeva nulla d'importante tranne due grandi mischie nelle rispettive aree di rigore; una per il Matera al 35°e l'altra per il Potenza al 48°, entrambe con azioni convulse, rimpalli e respinte, eredità d'un calcio antico.

Il verdetto, quindi, era di perfetta parità, risultato che non soddisfaceva di certo le aspettative dei supporters rossoblu che, in alternanza con quelli biancoazzurri, al termine del match, si sono lasciati andare oltre il lecito sfottò e l'ironia che dovrebbero contraddistinguere l'evento sportivo.

La rabbia espressa nei volti dei sostenitori delle due squadre, ha lasciato nei nostri cuori tracce di amarezza che il mondo dello sport dovrebbe cancellare.

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