C’è poco da raccontare di calcio in una domenica come questa, una domenica dove si muore per andare a vedere una partita, dove basta poco per far scattare la follia e uccidere, togliere la vita a qualcuno e distruggere la propria e quella di tante altre.

In una domenica così non ha senso raccontare una partita di calcio, parlare di moduli, di gesti atletici, o di rigori dubbi. Tutto passa in secondo piano, tutto diventa piccolo, tutto si scioglie nelle lacrime di dolore e di rabbia, perché è successo qui, a casa nostra, tra le tifoserie di Rionero e Melfi, due città che distano tra loro appena 10 km.

Sapere che per il calcio diventa possibile organizzare un agguato a un gruppo di tifosi con la volontà di fare male, con tutte le conseguenze che questo comporta, anche di reazioni incontrollate, fino a trovarsi investiti da un auto, rende completamente inutile parlare dell'1 a 1 tra Catania a Potenza, perchè questo pareggio non ci cambierà la vita. Il rigore dato agli etnei c’era oppure no? Forse ce n’era uno ancora più netto per il Potenza? Forse Raffaele doveva fare dei cambi prima? Sono solo argomenti di cui parlare con gli amici e che lasciano il tempo che trovano, perché ognuno di noi tornerà a fare quello che faceva prima di quella partita, perchè questo pareggio non ci farà più belli o più brutti, più alti o più bassi, o più ricchi e felici.

Tutto sarebbe dovuto tornare esattamente come prima di Catania-Potenza, o di Brienza-Vultur, o Real Tolve-Melfi e, purtroppo, ci tornerà, perché quello che è successo allo Scalo di Vaglio sarà presto dimenticato, dopo i canonici minuti di silenzio, dopo i fiori portati nelle curve, dopo le ferme condanne dell'accaduto, e i tifosi continueranno con i loro cori contro, i loro insulti, le loro risse, fino a quando non accadrà un altro gesto folle, perché, come diceva Isaac Newton: “Posso calcolare il movimento dei corpi celesti, ma non la follia della gente”.

 

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